Taglio Netto

Agostino era una barbiere molto conosciuto nel quartiere di Quartigliano.
Il suo locale, da lui stesso battezzato “Capill d’orò” aveva un’ insegna azzurra, con l’asino come mascotte, sicuramente riconducibile alla sua squadra del cuore.

Una volta dentro, il locale appariva confortevole ed elegante, fatto insolito per una periferia. La clientela era molto varia, andava dal più famigerato criminale di zona al più onesto rappresentante delle forze dell’ordine, ma tutti non avevano dubbi nel dire che Agostino era “‘ o’ bòss dei capill’.

Si dimostrava sempre gentile, socievole, un po’ logorroico, ma anche molto saggio, accoglieva qualsiasi cliente come un amico di vecchia data e lo metteva a proprio agio.
Il salone aveva, però, un bizzarro orario di apertura, le due del pomeriggio, perché di mattina o’ bòss dei capill si incontrava con dei membri del clan
“Puntablanca”.

La “relazione” con questo clan era nata da un debito d’onore di suo padre con i Puntablanca.
Agostino scontava tale debito lasciatogli in eredità, facendo da informatore per il clan; il locale, infatti, veniva frequentato anche da alcuni carabinieri e poliziotti che, fidandosi del suo fare da amicone, gli raccontavano molte delle loro esperienze e gli davano notizie circa il loro lavoro.

Una mattina di fine settembre, Agostino si recò come sempre nel solito posto per il solito incontro. Ma la squadra anti-mafia D.I.A fece irruzione, disarmò tutti i presenti che poi furono portati in questura per l’interrogatorio.

Il primo ad essere interrogato fu Agostino; si trovava già da parecchi minuti in una stanza grigia con tre sedie, sbarre alla finestra e vetro a specchio, quando entrò un poliziotto che si presentò come ispettore capo.

Questi cercò di tranquillizzare il pover’uomo dicendogli, con mezzo sorriso, che la sua posizione non era delle peggiori perché era stato trovato disarmato contrariamenteagli altri e poi gli chiese i nomi e l’identità degli uomini presenti nel luogo dove la D. I.A. aveva fatto irruzione Agostino,
non senza qualche timore e titubanza iniziale, riferì all’ispettore i nomi dei membri del clan dei Puntablanca, ben conosciuti in zona per essere i gestori delle rotte del commercio internazionale di droga.

L’ispettore segnò quelle informazioni su un documento, e, dopo qualche minuto di silenzio, disse ad Agostino che non sarebbe stato per lui sicuro rimanere in città e che perciò sarebbe stato posto sotto la protezione della polizia internazionale.
Doveva lasciare il paese, andare via dalla sua amata città era ormai inevitabile.

L’ispettore accompagnò Agostino al portone della questura e lo fece salire su una auto-pattuglia diretta verso l’aeroporto.
Arrivato lì, venne costantemente scortato da quattro poliziotti armati tra cui l’ispettore capo; nella confusione vide quest’ultimo passare un biglietto ad un agente, ma non riuscì a scorgere nemmeno una virgola di quello che c’era scritto, chiese allora quale sarebbe stata la destinazione, ma gli agenti non profferirono parola.

Durante l’imbarco, ci fu un caos generale per la situazione che gli agenti crearono, fecero superare la fila al loro uomo in custodia, e fu allora che Agostino vide sullo schermo del gate la destinazione: Nuova Delhi.
Atterrato a Nuova Delhi, venne scortato da quattro agenti.

L’ispettore capo gli consegnò dei documenti per tenere al sicuro la sua nuova identità in India, gli raccomandò di non svelare mai a nessuno il suo
vero nome e lo rassicurò dicendogli che la polizia indiana lo avrebbe protetto per l’intera permanenza nel paese.

L’ispettore lo salutò per l’ultima volta e scomparve rapidamente dal suo
sguardo. Agostino guardò i suoi nuovi documenti e scopri in quel momento di chiamarsi Alok Agard e di venire da Madurai.

Il giorno successivo si svegliò all’una e mezza e sentì parlare ad alta voce per strada; si affacciò alla finestra della casa a piano terra che gli era stata assegnata e fece in tempo a scorgere due indiani intenti a scambiarsi qualcosa prima dell’arrivo improvviso della polizia.

I due uomini, dandosi alla fuga, videro come unica via di salvezza la casa di Agostino. Vi entrarono a grande velocità, spalancando facilmente la fragile porta d’ingresso, e la attraversarono tutta per uscire dall’altra parte, ma nella fretta, lasciarono cadere dei sacchetti sul pavimento.

Agostino rimase come paralizzato in questa scena, ma dopo, accortosi dei sacchetti, si avvicinò, li raccolse, li aprì e si ritrovò con della cocaina tra le mani.
Proprio in quell’istante, la polizia gli piombò in casa e lo arrestò con l’accusa di traffico di droga. Venne condotto nel famoso carcere “Tihar Prison Complex” e fu rinchiuso non in una comune cella comune d’isolamento, ma nel “Buco nero”, un vero e proprio buco famoso per la sua reputazione di tomba, perché, secondo quello che si diceva, ogni detenuto
entrato lì dentro, sarebbe divenuto pazzo e si sarebbe suicidato.

Nel “Buco nero” o (black hole), non c’era luce, lì il mondo esterno non
esisteva più. “Altro che protezione! pensò Agostino quando capi che sarebbe rimasto lì per tanto tempo.
Nel frattempo, i boss di Puntablanca, tramite il deep web, si erano messi in contatto con Pablo de La Vega detto”El buey”, erede dell’impero del cugino Martin De las Fuentes, per avviare più che una nuova amicizia, un nuovo rapporto di affari.

Da tempo, “El buey” cercava di avere l’accesso all’unico porto su cui non aveva ancora influenza, che i Puntablanca gli avevano offerto per favorire l’alleanza. E l’alleanza era stata sancita.

Una settimana dopo, Pablo arrivò in città con quindici membri della sua banda: per prima cosa notò che l’orologio gli era sparito dal polso e poi
apprese che il comitato d’accoglienza dei Puntablanca si trovava in una stanza blindata nel cuore di Quartigliano.

Pablo trovò davanti a sé un ragazzo giovane dai capelli biondi, con una strana acconciatura, che si presentò con il nome di “Giorno Di Grazia”.
Giorno, osservando Pablo con sguardo annoiato, disse <>
««Senior Iorno -disse Pablo- usted sa che no è così semplice, e poi, cosa è quella acconciatura da frosio?>>.

Giorno, al suono di quelle parole che non capì del tutto ma che comunque gli parvero dure e brutte, rispose con voce più profonda -Signor Pablo, direi che le acconciature non sono il nostro interesse; parliamo di affari, il porto può essere condiviso con voi, ma da voi voglio un piccolo favore.

««Quiere un placèr -disse Pablo sorridendo al suo braccio destro – Dime, che
dobiamo fare>> disse dopo guardando Giorno.
Giorno, con aria disinvolta, rispose<< Un mio collaboratore ha saputo di voi, che siete una delle bande più violente del Messico, vorrei chiedervi una cosa semplice: un omicidio>>

Pablo guardò il braccio destro e subito dopo guardò con aria interessata Giorno. << Quien tenemos que matar?>> chiese a Giorno.
Giorno rispose << Un certo Agostino, ha mandato in prigione tre miei uomini fidati; sa troppo per rimanere ancora vivo>>
<< Pensa che un hijo de puta fece la misma cosa a mio cugino -disse Pablo ridendo- però, no podemos matar gente così, ci servono copertura y mezi>>.

Giorno ascoltò le parole di Pablo e pensando a cosa fare, gli venne in mente un’ idea. <<Ho un contatto che vi potrebbe essere molto utile, si chiama Narancia, vi dirà tutto sul tizio da ammazzare. Ve lo dico subito.
L’infame non è qui in Italia, è in India in una prigione>>.

<<India?>> – rispose Alejandro perplesso- Y nosotros in India como ci arriviamo?>>.
<<Narancia sa guidare bene l’aereo, vi offrirà tutto quello che chiederete, anche una bella compagnia per il tempo del viaggio, se capite cosa intendo>> disse Giorno.

Pablo ascoltò interessato <<Espera – esclamò però- tiengo un amigo dalla Sisilia, ci puede ayudar a passare inosservati ai radar militari indiani>> disse. Subito dopo prese il telefono, compose un numero e chiamò. Si trattava di Davide Lo Bue, ex spalla di Martin De Las Fuentes adesso progettava attentati terroristici con Giovanni Paterna, detto anche Jonny Stecchino Ma Non Troppo.

Davide era colui che aveva aiutato Martin a conquistare il mercato della droga internazionale prima di tornare in Italia perché ricercato dalla polizia messicana. I due fecero una breve chiacchierata in spagnolo che Giorno non capì. <<Abiamo un aleado>> disse Pablo a Giorno, dopo che era finita la chiamata.

Giorno si alzò dalla sua sedia, strinse la mano a Pablo e disse prima di andarsene <<Sapevo di aver fatto un accordo con le persone giuste! Per qualsiasi cosa, chiamatemi!>>.
Nel frattempo si era fatta sera. > disse Giorno a Pablo. <<Seguitemi>>.

<<Veramente nosotros tenemos un puesto donde estar mentre estamos aqui>> rispose Pablo.
<<Si fidi, Signor De la Vega, il rischio di essere scoperti qui è alto, l’albergo dove voglio farvi alloggiare è coperto, non correrete il minimo rischio. Non a caso voglio farvi stare là>> disse Giorno.
<<Va bene>>rispose Pablo <<Ci porti dove deve portarci, ma, si nos pasa algo, mato lei y su familia>>.

<<Tranquillo, non le accadrà niente>> concluse Giorno prima di fare salire tutti su due Limousine e portarli al Grand Hotel, in una zona che apparteneva ai Puntablanca.
Arrivati in hotel, a Pablo e i suoi uomini furono date le chiavi delle loro camere.

<<Ricordate di non muovervi da qui. Se volete andare in giro per l’hotel potete farlo ma non uscite per nessun motivo. Ci incontreremo domani mattina alle otto per approfondire il piano>> disse Giorno prima di andarsene.

Pablo però lo prese per il braccio e lo fermò: <<Compà, y con nuestros amigos de Sisilia come fasiamo?>> domandò.
<<Mi tenga informato, li andrò a prendere e li porterò qui quando arriveranno>> rispose Giorno.

Pablo perciò chiamò Davide, dopo un altro dialogo in spagnolo, di cui Giorno non capì niente, disse che i suoi amici non avevano bisogno di aiuto: avrebbero fatto tutto da soli.
<<Verso che ora dovrebbero arrivare?>> domandò Giorno a quel punto.

<<Me ha dicho che arivano a las diez de domani mattina>> rispose Pablo. Giorno rispose con un secco “Va bene” e i due si separarono.
Si fece mattina, alle otto in punto, Pablo, vide arrivare Giorno e la sua spalla.

<<Entre dos horas ariban Davide y Jonny>> disse andando loro incontro senza nemmeno salutarli.
<<Dobbiamo aspettarli?>> domandò Giorno.
<<No>>rispose Pablo <<Spiegheremo todo dopo>>

Si fecero le dieci, dalla porta non spuntava ancora nessuno. Una mezz’oretta dopo, Davide e Jonny giunsero finalmente.
Il loro arrivo fu tempestoso, in passato avevano avuto problemi con i Puntablanca, ma tutto si risolse in pochi minuti e tutto proseguì come da programma.

<<I piani sono questi>>disse Giorno.
<<C’è una nostra cimice in un carcere in India, lo voglio morto quel bastardo>>.
<<Cimice? Que es esta mierda?>>esclamò Pablo.
<<Una cimice, nella nostra organizzazione, è praticamente una nostra spia, ma noi gli insetti che non sono utili li schiacciamo>> disse Giorno con sguardo intriso di rabbia e odio.

<<Vale vale, esta situacion es muy extraña>> disse Pablo girandosi verso il suo braccio destro. Successivamente si girò di nuovo verso Giorno e con sguardo da puro mafioso chiese: <<Chi dobbiamo amasare?>>
<<Agostino>> disse, mentre gli mostrava una foto <<Lui dovete ammazzare, in qualsiasi modo.

L’importante è che il suo cadavere sia irriconoscibile anche per sua madre>>.
Davide, che fino a quel momento non aveva fatto altro che assistere alla conversazione, intervenne <<Irriconoscibile? Perché non ve ne liberate?>>

<<Tutti devono capire cosa succede se tradisci i Puntablanca>> disse Giorno.
<<Compà>> esclamò Davide andando verso Giorno con la mano sinistra puntata aperta verso di lui- <<Io so cosa vuole fare capire vossia, ma vedi che rischiate>>gli mormorò.

<<Non è un problema, conosco abbastanza persone per non rischiare niente>> rispose Giorno sorridendo.
<<Vale>>disse poi Pablo alzandosi <<Vediamo lo que podemos hacer.

Dime donde està el carcere y nosotros haremos todo>>
<<Tramite la mia rete di “amici” lo troverete in India in un carcere mediocre chiamato “Tihar Prison Complex”, abbastanza facile per farvi irruzione o infiltrarvi un nostro uomo>> disse Giorno.
<<Todo claro >> rispose Pablo <<Para como ir ahì lo vedremo noi>>

<<È stato un piacere, ricordate che se qualcosa va storto, io lo devo sapere subito. Comunque, noi vi copriremo le spalle>> disse Giorno prima di alzarsi e andare verso l’uscita.

Jonny lo interruppe <<Mentre voi stavate parlando, io ho contattato il vostro “amico”, Signor Giorno>> disse aprendo il proprio portatile.
<<Perfetto, direi che possiamo salutarci per il momento>> disse Giorno prima di uscire dalla stanza.

La conversazione andò avanti e si stabilì che il punto di incontro tra Narancia e la banda doveva essere l’aeroporto. La sera stessa, verso le nove ci fu l’incontro.
<<Piacere, sono Narancia, non ho tempo per parlarvi, almeno qui, seguitemi>>.

Salirono tutti su un aereo privato che decollò in un batter d’occhio.
<<Allora, tu dovresti essere Davide, quello che ci fa sparire dai radar insomma>> disse Narancia.
<<Si, a volte faccio sparire gli aerei non solo dai radar ma dalla faccia della terra>> disse Davide prima di lasciarsi andare ad una grossa risata insieme a Narancia.

<<Tutto a posto comunque>> concluse.
Arrivarono a New Delhi la mattina dopo.
<<Tiengo un sueño>> esclamò Pablo scendendo dall’aereo.
Alloggiarono tutti in una casa presa in affitto nel centro di New Delhi fino al pomeriggio del giorno dopo.
L’azione era prevista per la mattina.
Del piano si era discusso in aereo. Almeno quattro cecchini si sarebbero posizionati in quattro palazzi attorno al cortile del carcere, ma non avrebbero agito.

Ad agire sarebbe stato invece Pablo che, una volta messosi nella
”zona cieca” fuori dalla recinzione del cortile, proprio sopra il punto dove passavano i prigionieri durante la loro ora d’aria, avrebbe ucciso Agostino con un solo colpo.
Poi sarebbero fuggiti con l’auto tenuta pronta da Narancia.

Agostino si risvegliò per l’ennesima volta nell’oscurità di quella cella orribile, totalmente al buio, senza neppure una finestra per percepire il passaggio del tempo; ma l’oscurità fu spezzata dall’apertura della porta blindata, la guardia carceraria ordinò ad Agostino di uscire.

Il prigioniero, fuori dall’oscurità della cella, vide un carcere mal ridotto, testimone muto di continui abusi di potere da parte delle guardie, di malattie, infezioni e di violenza tra bande rivali.
<<Tutto sommato mi ricorda Quartigliano>> disse Agostino nella sua mente confusa e leggermente spaventata.

Fu condotto e chiuso in una nuova cella che era già occupata, cosa che riempì il cuore di Agostino di una sensazione che assomigliava alla gioia, forse più al sollievo.

L’occupante della cella, un uomo di bassa statura, gli si avvicinò: “Che ci fa un italiano in un carcere indiano?’’ gli disse con un chiaro accento del sud Italia.

Agostino, sorpreso da quel suono quasi familiare, gli chiese il nome,<<Sono Aldo, ex criminale napoletano>> gli rispose <<Sono stato arrestato per traffico di esseri umani, tu invece?>>

Agostino gli spiegò che cosa era successo quel giorno a casa sua. Aldo lo guardò con una smorfia ironica e dopo una grassa risata gli disse <<Amico mio, non sei assolutamente del “mestiere”; purtroppo un paese come l’India difficilmente si prende le proprie responsabilità quando sbaglia e mette in carcere le brave persone oneste! >>.

Agostino si lasciò andare ad uno sconsolato sguardo verso il vuoto. Aldo guardando il suo nuovo compagno gli chiese con voce
calma «Amico mio, come ti chiami?>>

Agostino, con ancora la tristezza nel cuore, gli rispose
<<Agost.. ehm Alok>> Aldo si mise a ridere davanti al triste
uomo
<< So riconoscere un nome falso AGOSTINO>> dopo questa frase lo sguardo di Agostino cambiò completamente, da sconsolato a terrorizzato.

All’improvviso suonò una sirena assordante <<È l’ora d’aria>> urlò Aldo ad Agostino e si allontanò. Agostino rimase fermo spaventato dalla “mandria” di detenuti che si ammassarono per uscire dalle celle.

Tra spintoni e altro, si ritrovò in cortile: ebbe altre prove della fatiscenza del carcere, vide le bande che si scontravano a suon di pugni e oscure imprecazioni.
Avvertii però una strana sensazione, si sentiva quasi osservato.

Agostino sentì Aldo cacciare un urlo “ATTENTO! CECCHINI” e poi il vecchio barbiere senti tre colpi che gli entrarono nello stomaco, cadde a terra in ginocchio guardando il cielo, con l’ultimo respiro nei polmoni disse <<Dio perdonami per i miei peccati>> prima di sentire un quarto proiettile che gli perforò la fronte.

<<Missione compiuta, si direbbe che il barbiere ci ha dato un taglio netto >> sogghignò fra sé Pablo, pensando già alla nuova alleanza e ai nuovi guadagni che presto gli sarebbero giunti. Avrebbe ottenuto tanto con davvero poco; in fondo, gli era bastato soltanto uccidere un uomo.





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